IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta
  al n. 785/99 R.G., rimessa a decisione all'udienza del 3 marzo 2000
  e vertente tra Silvi Angelo residente in Lanciano e ivi elett. dom.
  presso   lo   studio   dell'avv. Miranda  Gentile  dalla  quale  e'
  rappresentato  e  difeso  in virtu' di mandato in calce all'atto di
  opposizione, attore.
    Contro  Cassa  di Risparmio della Provincia di Chieti, in persona
  del  presidente  pro-tempore,  con  sede  in Chieti, elett. dom. in
  Lanciano  alla  via  L. De  Crecchio n. 70 presso lo studio legale,
  rappr.  e  difeso  dall'avv.  Nicla  D'Angelo per mandato a margine
  dell'originale ricorso per decreto ingiuntivo, convenuta.
    Oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo n. 38/1999.

                        C o n c l u s i o n i

    L'avv. Miranda Gentile per l'attore, cosi' conclude:
        voglia  l'on.le  tribunale  in accoglimento dell'opposizione:
  revocare,  dichiarare nullo ed improduttivo di effetti giuridici il
  decreto  ingiuntivo  opposto  per  inesistenza della fideiussione a
  garanzia  dei  titoli  per i quali la Cassa ha agito, o quanto meno
  subordinatamente per indeterminatezza dell'oggetto;
        subordinatamente  ridurre  la somma di cui al decreto opposto
  con  eliminazione  della  capitalizzazione,  da  dichiararsi nulla,
  degli interessi trimestrali;
        in   relazione  alla  subordinata  si  solleva  questione  di
  legittimita'  costituzionale dell'art. 25, comma 3, d.lgs. 4 agosto
  1999,  n. 342,  per  contrasto con l'art. 76 della Costituzione per
  eccesso  di  delega,  avendo  il legislatore delegato, disciplinato
  l'intera    materia   dell'anatocismo   bancario   non   ricompresa
  nell'oggetto  contenuto  nelle  leggi comunitarie 19 febbraio 1999,
  n. 142, (art. 25), e 24 febbraio 1998, n. 128, art. 1);
        ancora  piu'  subordinatamente  eliminare la capitalizzazione
  degli  interessi  trimestrali  per inefficacia dell'art. 25, d.lgs.
  4 agosto  1999,  n. 342, per mancato adeguamento della delibera del
  CICR.  Con  condanna  della  Cassa opposta alle spese e competenze,
  salvis iuribus.
    L'avv.  Nicla  D'Angelo  per la convenuta, cosi' conclude: voglia
  l'on.le  tribunale rigettare la proposta opposizione, confermare il
  decreto  ingiuntivo opposto e di conseguenza condannare l'opponente
  al  pagamento  delle spese, diritti e onorari di causa salvis aliis
  iuribus.

                              F a t t o

    Con  atto  notificato il 28 settembre 1999 Silvi Angelo proponeva
  opposizione  avverso  il  decreto  ingiuntivo n. 38/1999 contenente
  l'intimazione  di pagamento in qualita' di fideiussore di Candeloro
  Alessandro  in  favore  della Cassa di Risparmio della Provincia di
  Chieti,  della  somma di L. 31.780.730, per saldo di c/c n. 14835 e
  di  L. 6.498.976 per fido di castelletto per sconto titoli oltre ad
  interessi,  a  capitalizzazione  trimestrale, a commissione massimo
  scoperto.
    A sostegno dell'opposizione veniva dedotto:
        a) l'insussistenza   della   fideiussione   per   il  credito
  azionato;
        b) la  nullita'  dell'ingiunzione per mancanza di sufficiente
  prova scritta;
        c) l'illeggittimita' della capitalizzazione trimestrale degli
  interessi.
    Si  costituiva  la  Carichieti  con  richiesta  di  rigetto della
  proposta opposizione.
    Sulle  questioni  di  diritto  sopra  sintetizzate le parti hanno
  rassegnato  le  conclusioni  sopra  trascritte  e la causa e' stata
  trattenuta in decisione.

                            D i r i t t o

    Va  premesso  che,  dopo  che  la Cassazione ha mutato il proprio
  orientamento,  negando  l'esistenza  di  un uso normativo nel campo
  dell'anatocismo bancario (V. Cass. 18 marzo 1999 n. 2374 e 30 marzo
  1999   n. 3096)  e'  stato  emanato  nell'agosto  1999  un  decreto
  legislativo contenente modifiche al testo unico in materia bancaria
  e creditizia.
    L'art. 25  di  detto  decreto,  pur  essendosi adeguato nel comma
  secondo  ai  principi  giuridici stabiliti dalla Suprema Corte, nel
  comma  successivo  ha  previsto una sorta di sanatoria per tutte le
  pattuizione   intervenute  tra  clientela  e  Banche  anteriormente
  all'entrata in vigore della delibera del CICR.
    Stupisce  all'operatore  di  diritto  l'affermazione  ex  lege di
  validita'  ed efficacia delle vecchie clausole che si risolve in un
  estremo ripescaggio di situazioni ormai compromesse. Non ci sarebbe
  stato  nulla  da  obiettare  se  il legislatore si fosse limitato a
  dettare una nuova regola attinente ad un requisito del contratto, a
  prescindere  dalla  sussistenza o meno della fonte normativa, ma di
  certo  appare arbitrario travolgere gli obblighi gia' sorti in base
  alla   normativa   precedente:  in  sintesi  ha  dichiarato  valide
  convenzioni che, vagliate alla luce del diritto vigente attualmente
  ed all'epoca sono da considerarsi nulle.
    Passando  ora  piu'  strettamente ai profili di illegittimita' di
  tale  normativa,  si  comprende  appieno  come  la  stessa violi il
  principio   dell'irretroattivita'   della   legge,   (art. 3  della
  Costituzione  e  11  delle  disposizioni sulla legge in generale) e
  della  riserva delle funzioni giurisdizionali al potere giudiziario
  (art. 24 e 104 della Costituzione).
    Il  precetto  legislativo non e' caratterizzato da generalita' ed
  astrattezza,  ma  mira  specificamente  ad  incidere su fattispecie
  oggetto  di  giudizi  pendenti,  ma  a  prescindere da cio' esso ha
  senz'altro  carattere  innovativo  ed  al  tempo  stesso  efficacia
  retroattiva, il che non e' consentito nel nostro ordinamento.
    Tale  norma  non puo' essere considerata di natura interpretativa
  poiche'  difettano  i  presupposti  enucleati  dalla giurisprudenza
  costituzionale,  cioe'  di chiarire il senso di norme preesistenti,
  di  imporre una interpretazione compatibile con il tenore letterale
  della   norma   od  anche  eliminare  incertezze  interpretative  o
  conflitti giurisprudenziali.
    Esclusa  quindi la possibilita' che la retroattivita' della norma
  possa   scaturire   dalla   sua  natura  emerge  in  pieno  la  sua
  irragionevolezza   per  violazione  del  principio  di  eguaglianza
  (art. 3   della   Costituzione)   in   quanto   la  norma  generale
  dell'art. 1283  c.c.  sarebbe  derogata  ingiustificatamente da una
  disciplina  particolare in favore di determinati soggetti (istituti
  di  credito)  ed  in  danno  dei  contraenti  deboli  e cio' non e'
  conforme  al  nostro  ordinamento giuridico impostato sul principio
  della gerarchia delle fonti.
    Passando  all'eccesso  di  delega e' particolare evidente che ne'
  nella  legge delega n. 142 del 18 febbraio 1992 ne' nella direttiva
  comunitaria   di   riferimento   (n. 464/1989)  e'  rinvenibile  un
  principio   che   possa  ricondursi  alla  disciplina  dei  singoli
  contratti  bancari  e  segnatamente alle modalita' di calcolo degli
  interessi;  pertanto  anche  sotto  tale  profilo  va denunciata la
  incostituzionalita' della soprarichiamata norma.

                          R i l e v a n z a

    Premesso  che il giudicante aderisce alle argomentazione adottate
  recentemente  dalla  suprema  Corte  (v.  da  ultimo  Cass. sez. I,
  11 novembre   1999   n. 12507)   secondo   la   quale  la  clausola
  contrattuale  bancaria  viene  a porsi in contrasto con l'art. 1283
  c.c.  imponendo  una  capitalizzazione  trimestrale  anteriore alla
  scadenza degli interessi senza la copertura di un uso normativo, ne
  consegue   anche   la   incidenza  della  normativa  sospettata  di
  incostituzionalita'   (art. 25,   comma 3,  d.lgs.  4 agosto  1999,
  n. 342), che ha affermato la validita' e l'efficacia delle clausole
  sull'anatocismo   trimestrale  contenute  nei  contratti  di  conto
  corrente  stipulati  in  passato,  sulla  fattispecie  dedotta  nel
  presente  giudizio  di  opposizione  a  decreto ingiuntivo, ai fini
  della   decisione   sull'eccezione   di   nullita'  della  clausola
  contrattuale  che  prevede  la  capitalizzazione  trimestrale degli
  interessi e quindi della esatta determinazione di essi.
    Va  altresi'  rilevato  che la mera ricezione dell'estratto conto
  non   seguita  da  alcuna  contestazione  rende  inoppugnabili  gli
  accrediti  e  gli  addebiti  soltanto  sotto  il  profilo meramente
  contabile, ma non sotto quelli della validita' o dell'efficacia dei
  rapporti  obbligatori  dai  quali  le  partite  inserite  nel conto
  derivano  (Cass.  11  marzo  1996  n. 1978)  e  pertanto  non  puo'
  ravvisarsi  alcun riconoscimento del debito ai sensi dell'art. 1988
  c.c.